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RTO, ovvero Return to Office. Può sembrare un evento di facile gestione, ma non lo è. O perlomeno, non lo è per tutti.

Le aziende con un alto numero di dipendenti, dove il lavoro in remoto si è protratto per oltre un anno, si trovano di fronte a una sfida mai affrontata prima.

Oggi, il luogo di lavoro fisico non deve solo prevedere un livello di sicurezza sanitaria molto alto, ma essere anche più interessante ed attraente delle mura di casa. Dopo un periodo intenso di remote working, le richieste dei lavoratori sono aumentate sia in quantità che in qualità, soprattutto nei mercati più profittevoli: pena il trasferimento in aziende più adatte alle proprie esigenze.

Non tutti sono d’accordo nell’accettare la situazione senza riserve e i vertici di molte aziende hanno esposto pubblicamente la loro disapprovazione. Le parole di James Gorman, CEO di Morgan Stanley, hanno fatto il giro del mondo: “Se puoi andare in un ristorante a New York, puoi anche tornare in ufficio”. Tradotto: se non hai paura di entrare in un luogo affollato nel tuo tempo libero, puoi farlo anche durante l’orario di lavoro.

Se da un lato questo pensiero può essere condivisibile, dall’altro si scontra con il desiderio di molti collaboratori, di lavorare in un’azienda empatica, che metta il benessere al primo posto e che sia attenta alle esigenze dei singoli.

I dipendenti desiderano tornare in ufficio per collaborare, per scambiarsi idee e per l’esperienza sociale. L’esigenza di confronto e di connessione fisica implementerà sempre di più la creazione di spazi sociali ed informali. A questo si aggiunge un bisogno di maggiore libertà, anche nella gestione del lavoro.

Questi desideri si traducono quindi in un bisogno di orari più elastici e di spazi di incontro informali, progettati ad hoc e preferibili alle sale conferenze formali.

Parola chiave: flessibilità.

Entrare in ufficio non dev’essere solo un dovere, ma anche un “piacere”: l’ambiente deve rendere il lavoro più efficiente, meno stressante e incentivare la creatività e collaborazione. Dovranno coesistere più ambienti dedicati alla socializzazione, ma anche più spazi privati. Gli arredi devono essere funzionali, ma belli e comodi come quelli di casa.

È anche vero che le esigenze del posto di lavoro variano significativamente in base al settore, e per creare un cambiamento positivo, l’ufficio dovrà essere progettato conoscendo le necessità dei propri collaboratori, piuttosto che seguendo una sovrapposizione di tendenze e supposizioni.

L’ufficio futuro non sarà percepito solo come un hub collaborativo con spazi flessibili, per lavorare ovunque. Valutare con attenzione il ritorno in ufficio è un interessante spunto di ragionamento più ampio, che ci ricorda come le persone abbiano esigenze complesse e diverse sul posto di lavoro.

La RTO Strategy: un mix di fiducia e cambio di prospettiva

Come è possibile rendere il luogo di lavoro più attraente?

È opinione comune che la perfetta RTO strategy (la “Strategia per il ritorno in ufficio”) si basa su alcuni fattori chiave.

In primis un rapporto di fiducia reciproca tra dipendente e datore di lavoro. Secondo uno studio condotto dal neuroscienziato Paul J. Zak, le persone che lavorano in ambienti in cui c’è un alto livello di fiducia sono più produttive e meno propense al burnout.

Da un lato l’azienda deve dare fiducia ai suoi dipendenti, ad esempio con l’introduzione del lavoro ibrido o permettendo orari flessibili. Dall’altro, il collaboratore deve “meritarsela”, facendo del proprio meglio.

L’ambiente deve essere sicuro al 100%, rivoluzionato attraverso una progettazione che tenga conto di tutte le regole anti-Covid, così come delle esigenze dettate dal lavoro dei singoli team.

Desideriamo ricordare però che per alcune persone l’ufficio rappresenta un posto per lavorare da soli, con una scrivania dedicata. Le aziende, in questo caso, possono cercare soluzioni come un sistema di prenotazione facile da usare per le assegnazioni di scrivanie o uffici, insieme a protocolli di igiene/pulizia programmati.

È inoltre interessante fare una considerazione sulla motivazione che spinge alcune persone a volere strettamente un ufficio. Forse non si tratta di una necessità funzionale ma di un desiderio inconscio di connessione alla specifica postazione, alla capacità di rivendicare uno spazio individuale all’interno di un contesto più ampio, o semplicemente non aver considerato come il “bisogno” possa essere soddisfatto in modi alternativi.

Quello che serve è un cambio di prospettiva per tutti, per vedere l’ufficio con occhi nuovi.

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