A volte per progettare il futuro dobbiamo fare una pausa e guardarci indietro.

Gli ultimi anni hanno trasformato radicalmente il modo in cui molti vivono l’ufficio: la pandemia, il cambio generazionale e una maggior consapevolezza verso la sostenibilità hanno cambiato le abitudini e creato nuovi bisogni. E il workplace non può che adattarsi a questa costante evoluzione dell’uomo: pena la fuga dei talenti.

Prende spunto da questi presupposti il ritrovato interesse verso una teoria psicologica di metà Novecento (il 1943 per l’esattezza), che ancora oggi si prefigura come un’importante linea guida in tanti ambiti diversi.

Parliamo della Piramide dei Bisogni di Abraham Maslow, un modello motivazionale dello sviluppo umano sfruttato ampiamente nella formazione manageriale e – più in generale – nella psicologia del lavoro.

I suoi dettami, come anticipato, hanno applicazioni sull’intera sfera professionale e sempre più spesso vengono utilizzati come roadmap anche per la progettazione degli spazi. Si tratta ovviamente di linee guida generiche, che possono però porre le basi per un ragionamento più approfondito sull’ambiente di riferimento.

Come sfruttare la piramide dei bisogni per la progettazione dell’ufficio

La piramide dei bisogni di Maslow si basa su cinque livelli, le cosiddette “leve motivazionali” dell’individuo. Alla base troviamo le necessità di base, imprescindibili, mentre in cima troviamo l’obiettivo finale: la realizzazione dell’individuo.

1.   Bisogni fisiologici

I bisogni di base, quando parliamo di ufficio, sono piuttosto evidenti: considerano la luce, la temperatura, la qualità dell’aria, il rumore, la vicinanza dei servizi igienici, l’accessibilità degli spazi e la disponibilità di una workstation comoda e confortevole (a partire dalla seduta!). Facendo un passo avanti, rientrano in questa categoria anche le aree per il ristoro e le tecnologie a disposizione dei collaboratori per rendere più efficaci i flussi di lavoro.

L’approccio è lo stesso utilizzato nella progettazione del workspace rigenerativo: parte da un ascolto dei bisogni e si realizza nella scelta degli arredi e nello sviluppo degli spazi di lavoro.

2.   Sicurezza

Le persone devono sentirsi sicure e il primo passo è realizzare ambienti in linea con tutte le prescrizioni di legge. In questo particolare periodo storico è necessario considerare anche tutte le necessità derivanti dalla pandemia: la distanza sociale, la presenza di gel detergente nella maggior parte degli ambienti e l’eventuale necessità di schermi divisori tra le scrivanie.

3.   Appartenenza

Il desiderio di accettazione, il bisogno di comunità e il senso di appartenenza possono assumere diverse forme quando parliamo di ufficio. Diversità e inclusione sono ormai parte del DNA di tantissime aziende e hanno un’influenza che tocca la gestione delle risorse umane tanto quando il design degli spazi. I bisogni relazionali possono essere ulteriormente soddisfatti progettando ambienti collettivi in linea con il business dell’impresa: dalle aree lounge interne all’apertura degli spazi aziendali all’esterno, tramite eventi o prenotazione di spazi co-working.

4.   Stima

Sentirsi apprezzati contribuisce a lavorare meglio e a volersi migliorare ulteriormente. Questa stima deve arrivare ovviamente dalle persone, ma può anche essere dimostrata attraverso il design: l’ufficio direzionale non può che esserne espressione massima.

5.   Autorealizzazione

Sentirsi realizzati professionalmente deve arrivare da dentro: è un obiettivo personale che l’azienda può solo supportare. In termini di design, per alcuni settori può trattarsi dello sviluppo di spazi dedicati alla formazione, per altri di ambienti dove le persone possono dare spazio alle proprie attitudini creative. In generale quel che serve è flessibilità, per riconfigurare l’ufficio ogni giorno in base alle necessità degli individui.

In generale possiamo riassumere tutti questi punti in un unico pensiero: progettare per l’umano significa ascoltarne i bisogni, per soddisfarli al meglio delle possibilità aziendali.

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