Efficacia dei brainstorming: -11%
Capacità di mantenere relazioni sociali con i colleghi: -17%
Abilità di interagire al di fuori delle riunioni programmate: -25%
Questi sintetici ma significativi dati sono il risultato di uno studio condotto da WeWork inerente l’impatto del lavoro in remoto (totale o ibrido) sulla collaborazione in azienda.
Quelle che a prima vista possono sembrare percentuali esigue, nel lungo periodo possono avere forti impatti sulla competitività di un’impresa, soprattutto in settori che si muovono velocemente.
La collaborazione, sia essa programmata (come nel caso di riunioni) o spontanea (tra vicini di scrivania o alla macchinetta del caffè), è in grado di stimolare la creatività, mettere in luce criticità e avvicinare le persone, diventando così un driver competitivo importantissimo.
La distanza (fisica) tra le persone rende più difficile la creazione di relazioni inter-personali all’interno dell’azienda, minando dall’interno la sua efficienza.
Dall’altro lato non possiamo però dimenticare i lati positivi del lavoro parzialmente in remoto: meno tempo speso per il tragitto casa-ufficio, più possibilità di concentrazione, possibilità di collegarsi da luoghi più ameni della sede della propria azienda.
Come fare coesistere questi due mondi, senza perdere produttività? Ecco alcuni consigli utili.
-
Creare equilibrio tra lavoro sincrono e asincrono
La tradizionale filosofia delle Risorse Umane è arroccata sul lavoro sincrono, quello in cui tutti i lavoratori sono presenti e disponibili negli stessi orari. Il lavoro asincrono può però portare svariati vantaggi, soprattutto quando parte dei lavoratori non è fisicamente presente in ufficio.
Una persona potrebbe ad esempio avere problemi a collegarsi in videoconferenza tutti i giorni a una determinata ora, se vive vicino a una scuola o a una fermata del tram. O in estate potrebbe preferire lavorare a tarda sera perché non ha un condizionatore in casa.
La flessibilità permette alle persone di sentirsi più ascoltate all’interno dell’azienda, rendendole di conseguenza più attente e propositive nei momenti di collaborazione.
-
Evitare il leadership bias
Una delle principali ansie provate da chi lavora in remoto, è il sentirsi poco stimati e riconosciuti dal proprio superiore. Spesso non si tratta solo di una sensazione, ma di un problema che il manager stesso deve riconoscere: chi lavora in remoto deve godere delle stesse opportunità dei colleghi in ufficio, e viceversa.
Questo può significare, ad esempio, l’avere lo stesso spazio per discutere durante le riunioni o ricevere lo stesso carico di lavoro.
-
Pianificare regolari check-in individuali tra manager e collaboratori
È il naturale proseguimento del punto precedente: è fondamentale che il team leader abbia un rapporto diretto e costante con ogni membro del suo gruppo di lavoro. Questo permette non solo di verificare produttività ed efficienza del singolo individuo, ma anche di capire eventuali criticità riscontrate dello stesso.
-
Programmare regolari riunioni in presenza
Almeno 2 volte all’anno (se non addirittura 4) è buona norma fare in modo che tutto il team si ritrovi nello stesso luogo, permettendo a tutti i partecipanti di interagire senza distrazioni.
-
Creare opportunità per le interazioni informali
Anche pochi minuti dopo ogni riunione possono essere preziosi per migliorare la fiducia tra i membri nel team, soprattutto tra chi è in ufficio e chi sta invece interagendo dallo schermo di un computer. Chiedersi come va, scambiarsi una ricetta, accordarsi per un aperitivo: ogni piccolo gesto è il tassello per un obiettivo molto più grande.
-
Evitare la staticità dei “turni”
Anche una forte attenzione al benessere dei collaboratori può portare a una differenza di comportamento nei confronti di collaboratori in sede e in remoto.
Una buona idea, se le postazioni in ufficio non sono sufficienti per tutti, è una “flessibilità di sede”. La possibilità di lavorare in azienda o da casa dev’essere distribuita equamente tra tutte le persone, per evitare recriminazioni e mantenere l’armonia nel team.