L’immagine più diffusa del nomade digitale è quella di un individuo che si sposta nel mondo solo con il proprio PC, uno strumento unico che contiene “tutto il suo ufficio” e tutti i dati di cui ha bisogno per lavorare.

Blog, video e account Instagram mostrano lavoratori nomadi felici (spesso con animali) in posti bellissimi, dal coloratissimo bar in Messico alla spiaggia bianca di Bali. La grande attenzione dei media ha consolidato una forte presenza sui social media. Scorrendo il feed Instagram è abbastanza frequente incontrarne molti nel corso della giornata e il pensiero comune è di associarli a un particolare modo di vivere e di essere sempre in vacanza.

I nomadi digitali sono una categoria di lavoratori in crescita e in continua evoluzione, tanto da registrare un +49% nel 2020 nei soli Stati Uniti (fonte: MBO Partners).  Rappresentano un movimento globale composto da un insieme eterogeneo di persone e di professionisti di età diversa e proveniente da ogni parte del mondo.

Questa categoria non è rappresentata solo da giovani: il 39% nei nomadi digitali statunitensi ha più di 40 anni e una buona capacità di spesa. Un vantaggio se si considerano i paesi dove il costo della vita è più contenuto rispetto agli USA: queste persone possono permettersi beni e servizi medio-alti, dando un apporto positivo all’economia.”

Attenzione: nomadi digitali e smart workers possono essere confusi perché sembrano simili, ma non lo sono affatto. Se per questi ultimi lavorare dalla casa vacanze è solo un “evento”, il viaggio è la costante per i nomadi digitali.

E non si tratta di brevi tragitti ma di spostamenti dall’altra parte del globo, spendendo quindi il salario lontano da casa.

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Percentuale di nomadi digitali, secondo la generazione di appartenenza. Fonte: MBO Partners

Proprio per questa ragione, in particolar modo dopo la prima ondata della pandemia, sempre più Stati hanno messo in atto politiche volte ad attrarre i nomadi digitali.

Molti si sono rincorsi nel proporre detrazioni sulle tasse, potenziamenti delle infrastrutture (connettività Internet principalmente), programmi di residency e addirittura visti dedicati esclusivamente ai nomadi digitali (qui una lista dei Paesi coinvolti).

E le aziende?

Per ora sembrano dividersi in tre categorie:

  • chi ignora la presenza di nomadi digitali all’interno del proprio organico
  • chi si “accontenta” di accordi privati con il collaboratore
  • chi ha deciso di mettere in atto policy ben precise

Quest’ultimo caso è l’obiettivo auspicato dal mercato così come dagli ambiti più istituzionali di tutto il mondo.

La ragione è immediata: i nomadi digitali si spostano spesso in nazioni in cui tassazione, copertura sanitaria e leggi sul lavoro sono completamente diverse. Inconsciamente o sfruttando volutamente la situazione per un guadagno economico possono mettere a rischio, non solo sé stessi ma anche l’azienda.

“Se vuoi essere pagato con le tariffe di New York, vivi a New York. Finiamola con il pensare ‘Sono in Colorado e vengo pagato come se fossi a New York. Mi spiace, ma non funziona.” Le parole di James Gorman, CEO di Morgan Stanley, sono un chiaro riflesso del disappunto di molti datori di lavoro.

In altri casi la problematica può risultare più grave, se l’azienda non è autorizzata a operare in un determinato Paese.

Una Digital Nomad Policy diventa quindi una necessità, soprattutto dal punto di vista legale. Qualche esempio? Creare una lista di Stati dove è vietato lavorare in remoto o un periodo di tempo massimo di permanenza in un determinato Paese; oppure richiedere un periodico backup dei dati o fornire al lavoratore una Policy aziendale specifica per il trattamento dei dati personali effettuati al di fuori dei locali aziendali, in modo da gestire il trattamento secondo le direttive e le cautele indicate dal titolare del trattamento. La corretta gestione dei dati personali, la sicurezza e la tutela della privacy sono aspetti fondamentali ai quali bisogna prestare sempre molta attenzione, soprattutto quando si lavora da remoto in giro per il mondo.

Come sempre è necessario anche prestare attenzione ai talenti del futuro, per non risultare troppo rigidi agli occhi dei giovani nomadi digitali.

Attraverso la Digital Nomad policy si potranno aiutare le aziende e il lavoratore nomade nel semplificare le procedure di collaborazione. Le aziende potranno contare su una platea di professionisti altamente qualificati provenienti da tutto il mondo e diventare anche il punto di riferimento di giovani talenti del futuro.

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